Favelas

Favelas è il termine portoghese con cui sono chiamati gli slum brasiliani. La caratteristica delle favelas è di situarsi in prossimità dei bordi residenziali delle grandi città, come vasti assembramenti di abitazioni informali autoprodotte, spesso con materiali di scarto e prive dei servizi più essenziali. Le prime favelas risalgono agli inizi del ‘900, ma fu il boom dell’edilizia degli anni ’70, con la spinta delle persone più povere verso la periferia, a far lievitare i margini delle varie favelas fino a trasformarle in vere contro-città parallele.
Il reddito pro-capite di un abitante della favelas è di meno di 100 dollari al mese. La forte commistione di povertà, marginalità e irregolarità diventa un habitat favorevole al proliferare di violenza, attività criminali e guerre tra bande. Le favelas più conosciute sono quelle di Rio de Janeiro, tuttavia ne esistono di molto estese anche a Belo Horizonte, San Paolo, Olinda e Recife.

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Pacificazione delle favelas

Con Pacificazione delle favelas si intende il piano attuato dallo Stato di Rio de Janeiro, a partire dal 2011, per securizzare la situazione di violenza nelle favelas e nei barri più degradati, in vista degli avvenimenti internazionali dei Mondiali di Calcio 2104 e delle Olimpiadi di Rio 2016. Le forze speciali incaricate della “pacificazione” sono le UPP, Unitade de Policia Pacificadora; durante il quinquennio 2011-2016 le UPP hanno occupato militarmente le maggiori favelas di Rio de Janeiro e sono state più volte accusate di atti di violenza ingiustificata. Si calcola che una percentuale tra il 15 e il 20% del totale degli omicidi registrati all’interno delle favelas possa essere ricondotta alle UPP. Secondo un report di Amnesty International, la violenza istituzionale in Brasile è cresciuta negli ultimi due anni del 54%. Un’altra conseguenza della pacificazione è la cosiddetta “rimozione bianca”: la speculazione edilizia ha innescato processi di gentrification, con aumenti anche del 500% dei valore e dei costi degli immobili in alcune favelas.

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Complexo de Alemão

Localizzato della zona Nord di Rio de Janeiro, il Complexo do Alemão abbraccia cinque barrios: Penha, Olaria, Ramos, Bonsucesso e Inhauma, e 12 favelas: Morro da Baiana, Morro do Alemão, Alvorada, Matinha, Morro dos Mineiros, Nova Brasília, Pedra do Sapo, Palmeiras, Fazendinha, Grota, Vila Cruzeiro e Morro de Adeus. Il Complexo è abitato da 70.000 persone, detiene il reddito pro-capite più basso dell’intera Rio, ed è da sempre considerato uno luoghi più pericolosi della città.
A partire dal 2011, il Complexo do Alemão divenne ben presto il laboratorio principale del progetto di “pacificazione delle favelas”.

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Aluguel Social

Rio de Janeiro, marzo 2014.
Il Complexo do Alemão è un enorme agglomerato di case informali, cresciute una sull’altra lungo il ripido pendio della Serra da Misericórdia , a nord di Rio de Janeiro. Qui nel Complexo si trovano alcune delle più povere e pericolose favelas della capitale carioca.
Durante gli anni ’90, i barrios de Alemão divennero noti alle cronache mondiali per ospitare il quartier generale della più importante e cruenta banda criminale di Rio de Janeiro, il Comando Vermelho.
È in questo contesto di crimine, povertà e speranza che lavora André Ramos. Anche lui, come molti altri, è stato membro della banda criminale del Comando Vermelho. Anche lui, come molti altri, ha deciso di cambiare vita.
André è il fondatore di “O plantador” un giornale web che racconta delle difficoltà dei “moradori” della favela.
André è anche il pastore di una chiesa che si trovava all’interno dell’ex fabbrica di plastica Tuffy, situata al 1776 di Avenida Itaoca, e appartiene all’industriale arabo Tuffy Habib. La struttura è inattiva da oltre dieci anni, da quando è stata svuotata delle funzioni produttive e sgombrata dagli occupanti abusivi come il gruppo di André.
Nel frattempo le guardie private che la sorvegliano, con il consenso tacito della proprietà e il pretesto di riportarla a una condizione di legalità, vi hanno allestito un’ attività di parcheggio piuttosto lucrosa.

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Il progetto di André è quello di mobilitare la popolazione a una rioccupazione pacifica della Tuffy, riconquistando quello spazio con la speranza di farlo rientrare in un contesto di legalità grazie al nuovo programma federale di “aluguel social”.
Il 23 marzo, il giorno previsto per l’occupazione, un gruppo di quindici persone si presenta davanti ai cancelli del Tuffy. È domenica, una giornata favorevole visto che il complesso viene presidiato da un solo miliziano.
Dopo uno scontro verbale piuttosto accesso con la guardia, il gruppo di André riesce ad accedere al cancello interno e da qui ad entrare da un portone. A quel punto, la stessa guardia fa partire 4-5 colpi d’arma in aria, prima di darsi alla fuga in moto. Probabilmente si tratta di spari teatrali, esplosi come un alibi al mancato respingimento.
André e il suo gruppo prendono così possesso del Tuffy, rivelandosi poi l’avanguardia di un flusso di persone che, una volta noto il successo dell’operazione, diventa imperioso e inarrestabile.
Le immagini e i video di Aluguel Social documentano l’occupazione della Tuffy: il progetto, l’irruzione, la presa di possesso. Un episodio molto importante nella storia quotidiana di miseria, ingiustizia e illegalità che si consuma a corollario della Pacificazione delle Favelas.
Nova Tuffy è la risposta del Complexo alla crisi degli alloggi causata dalla pacificazione, inaugurata dal governo federale nel 2011 in vista dei Mondiali di Calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016. Un’operazione che ha portato alla militarizzazione degli slums di Rio de Janerio e alla normalizzazione delle loro condizioni di legalità, ma che spesso ha fornito i presupposti per una vera e propria politica di gentrification. L’aumento dei costi delle case ha significato l’espulsione, spesso violenta, di una massa enorme di individui dai loro alloggi abituali. Un numero di persone che le politiche abitative dell’ “aluguel social” promosse dal governo federale non hanno saputo intercettare.
Una settimana dopo l’occupazione, l’edificio della “Nova Tuffy” ospita già 500 persone, che alla fine dell’anno diventeranno almeno 2000; in molti casi si tratta di nuclei familiari con bambini di tutte le età. Secondo i dati forniti dall’associazione della comunità, costituita subito dopo l’occupazione di André e del suo gruppo, i residenti dei 1200 mq dell’ex fabbrica di materie plastiche raggiungeranno le 5000 unità.
La superficie della fabbrica viene riorganizzata secondo una distribuzione molto ordinata e regolare: ciascun nucleo occupa un quadrato che allestisce e predispone come può.

Nova Tuffy però può offrire ai suoi abitanti solo un’esistenza al limite delle condizioni sanitarie. L’edificio non ha acqua potabile e non dispone di nessun sistema di raccolta delle acque reflue. Al piano superiore del capannone, tre bagni da condividere per tutti gli occupanti, mentre l’energia elettrica è ottenuta attraverso connessioni illegali, denunciate da grovigli di baracche, tra ratti, scarafaggi e altri ospiti ingrati. Non è raro che i cortocircuiti causino incendi.
La speranza di André e degli abitanti di Nova Tuffy di convincere le autorità a legalizzare l’occupazione facendola rientrare nelle politiche di previdenza sociale viene però delusa.
Il giudice André Fernandes Arruda accetta la richiesta di sgombero e di riacquisizione della struttura avanzata dalla società proprietaria, la Tuffy Habib S.A. Business and Industry, inviando una lettera alle autorità preposte in cui afferma che lo sgombero va effettuato con “le dovute precauzioni a causa del numero molto grande di persone e di famiglie coinvolte nell’occupazione, e tenendo conto della recente storia di conflitti sociali nelle regioni”. E tuttavia, malgrado aver riconosciuto il drammatico deficit abitativo della città, il magistrato ribadisce come “esso non possa essere usato come giustificazione per appropriazione indebita di una proprietà privata”.
“Non siamo qui per commuovere né per essere strumentalizzati politicamente. Vogliamo solo una soluzione alla nostra situazione abitativa, non ci importa chi lo farà “, dichiara Carlos Alberto da Conceição, 30 anni, presidente dell’Associazione Residenti di Nova Tuffy. “Questa è già una comunità de facto. Dovranno stare molto attenti qui se pensano di rientrare in possesso di questo luogo con la forza”, dice il leader, che mostra l’elenco dei residenti, aggiornati di recente.
Il 16 dicembre 2014, la polizia militare fa irruzione nella Nova Tuffy e sgombra più o meno pacificamente le migliaia di persone che per quasi dieci mesi vi avevano trovato rifugio temporaneo.
Gli abitanti della Nova Tuffy vengono inscritti nei programmi standard di emergenza abitativa (EMOP) ma, al momento dello sgombro, a nessuno di loro è garantito un alloggio.

 

 

Fotogallery

 

 

 

 

Videogallery

 

Credits

cliente: Personal Work
data: 2014
copy: Giuseppe Santonocito
fotografie: Marco Dal Maso
tecnologia: Nikon D800,
layout: (ty)